La donna senza talento

by | Dic 15, 2020 | Librarsi | 2 comments

I suiseki dal disegno alla realtà.
Dopo i quattro passi nel fumetto “L’uomo senza talento”, alla ricerca del mondo di Tsuge e delle pietre del fiume Tama.

Una conclusione inevitabile.


Detto tutto questo, forse anche troppo, dal leggere il fumetto ad avere un motivo in più per recarmi sul fiume Tama il passo è stato breve e determinato. Prima della mia partenza del 2018, ho contattato una interprete turistica giapponese che ha vissuto in Italia, che propone itinerari a Tokyo accompagnando personalmente i turisti. Spiegai ad Eri Isshiki Inayoshi, questo il suo nome, che ero una appassionata di suiseki (“non conosco, mi puoi spiegare cosa sono?”) e che avendo letto il fumetto di Tsuge sarei voluta andare sul fiume Tama, sempre che fosse possibile e che i luoghi descritti non fossero di pura fantasia. I giapponesi sono fantastici, nella loro efficienza, ed immediatamente mi ha indicato il sito ufficiale dedicato ai luoghi di Tsuge, non solo de ”L’uomo senza talento” ma anche di altre opere dell’artista (http://tsugesanpo.sakura.ne.jp).

Il capitolo 6 del sito è dedicato al fiume Tama ed al quartiere di periferia in cui l’artista ha vissuto, dal 1978 al 1993: foto e pagine del fumetto sono messi a confronto, subito si capisce che il fumettista ha disegnato, forse crudamente, proprio il suo ambiente, in modo molto realistico e vivido. Quando poi ho passeggiato per le strade del quartiere, mi sono sentita all’interno del fumetto, tra le grandi torri di approvvigionamento idrico ed i palazzi squadrati numerati.

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Sull’autobus, una anziana signora sentendo parlare una lingua straniera si è incuriosita ed alle spiegazioni di Eri (“è venuta dall’Italia per vedere dove viveva Tsuge” … un po’ esagerato) si è meravigliata, poi entusiasmata e indicandoci il palazzo dove viveva l’artista ci ha raccontato di averlo conosciuto personalmente. Adesso Tsuge ha 81 anni, vive a Katsushika, ed è sempre persona molto schiva e riservata.

Poi, finalmente il fiume: un lungo viale di alberi di ciliegio con una pista ciclabile costeggia i margini, fiancheggiati da piccoli orti e campi sportivi. Dagli argini poi è molto facile scendere sulle ampie rive coperte di sassi, un vero paradiso pieno di possibilità da scoprire.

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Il fiume in febbraio scorre lento e tranquillo, non è periodo di piena, la vegetazione è bassa e stentata, quindi ci sono le condizioni migliori per vedere bene le pietre. Risale al settembre del 1974 l’ultima devastante alluvione a Tokyo, che ruppe l’argine per oltre 260 metri, facendo precipitare diciannove abitazioni nel flusso torbido. Il Tama scorre nel Kanto per 138 km, ha tre affluenti importanti (Asakawa, Akikawa e Okuri), il suo corso è fermato dalla diga Ogōchi, che crea il lago Okutama, da cui il corso d’acqua esce prendendo il nome Tama. Continua a fluire tra le alture in direzione est ed entra nel Parco Nazionale Chichibu Tama Kai, per poi attraversare Tokyo fino alla sua foce nella omonima baia.

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Sicuramente non è questa la zona da cui provengono le mie tre pietre barca, mi hanno infatti detto che è il corso superiore del Tama quello in cui si raccolgono le pietre migliori, soprattutto quelle provenienti dall’affluente Okuri. Sul fiume, lì dove campeggiava l’uomo senza talento, ho trovato comunque qualche buona pietra, inutile a far soldi, forse, come dice Sukegawa. Queste le due pietre che ho portato a casa nel 2018, come un ricordo prezioso (daiza realizzati da Giorgio Rosati).

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Quello che raccontai in Italia della mia esperienza sul Tama fece entusiasti proseliti e nel febbraio 2019 un nutrito gruppo di occidentali si è unito a me ed a Eri, che ha organizzato tutto in modo impeccabile: un minivan ci è venuto a prendere all’albergo e ci ha portato di nuovo nel quartiere di Tsuge. Eravamo in sette: cinque italiani, Yvonne Graubek dalla Danimarca e Paul Gilbert dagli Stati Uniti. Ognuno di noi ha trovato quello che cercava: il fiume è ricco di molte tipologie di pietre, addirittura ce ne sono alcune con la famosa pelle di pera tipica delle più famose pietre del fiume Seta. L’intera giornata è stata dedicata alla ricerca, con pausa pranzo in un delizioso ristorante tipico nella zona. Purtroppo, incombe sempre lo spettro delle valigie e del peso, quindi è necessario regolarsi, ma è stata una raccolta soddisfacente, in quantità e qualità. Nessuno ha la pretesa che in una sola giornata si possa trovare il meiseki, il capolavoro della propria collezione, ma molti cercatori di pietre trovano la massima soddisfazione nel poter dire di aver trovato la propria pietra e di averla in seguito valorizzata e portata in mostra.
Ecco di seguito qualcuna delle pietre raccolte.

Yvonne Graubek – Roccia costiera (W22 x D14 x H7 cm)

Yvonne Graubek – Nozomy (W14.2 x D8.5 x H 8cm)

Daniela Schifano – Toyama ishi (W23 cm -Daiza di Giorgio Rosati)

Lorenzo Sonzini – Toyama ishi (W15 cm – Daiza di Giorgio Rosati)

Laura Monni – Pietra disegnata (Daiza di Giorgio Rosati)

Patine diverse, forme diverse, pietre disegnate, ruvide, morbide, nere, marroni, rosse. A parte il caso che ci porta a poggiare gli occhi su una pietra fra le tante, ognuno vedrà e sceglierà quelle che lo riguardano nel profondo.

Personalmente, in queste situazioni non voglio una pietra, mi godo il tempo del cercarla.

Seguendo quindi quel sottile filo che si è dipanato dalle pagine di carta di un fumetto, sono arrivata al fiume di Tsuge, o meglio al fiume di un uomo senza talento, ma ormai posso non concordare con la sua affermazione “Le pietre del Tama non compaiono in nessun libro. Non so quanto valgono. È strano, ma non ne ho mai vista una nei negozi specializzati ai grandi magazzini. Sono come me… non le nota nessuno”.

Mi spiace smentirti, con questi esempi importanti di pietre del Tama appartenenti ai soci del club Tamagawa Ishikai. Caro amico, per alcuni collezionisti giapponesi le pietre del fiume Tama sono “le migliori”, perché al nero più puro si aggiunge quella che chiamano “la ruggine”, dovuto al fatto che pur essendo pietre di fiume e non di montagna esse vengono da una sorte di fango paludoso che a volte, quando si secca, va tolto con gli opportuni strumenti.

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Quelle più apprezzate sembrano essere quelle raccolte nell’affluente Okuri, nelle quali la ruggine prende un tono più rossastro. Questa ruggine dà profondità e peso alla pietra, che tra l’altro a volte risuona quando è colpita.

E sono così apprezzate da essere esposte anche alla Japan Suiseki Exhibition di Tokyo, come ad esempio questa pietra chiamata “Tenjin”, deificazione shintoista di Sugawara no Michizane (845-903), calligrafo, poeta e uomo politico del periodo Heian.

La leggenda narra che quando fu obbligato all’esilio a Daizafu, egli piangesse per dover abbandonare il suo albero di pruno e le sue meravigliose fioriture. La pianta allora lo seguì, volando fino a Daizafu in una sola notte.

Da dovunque provengano, a prescindere dal loro mero valore economico, “le pietre hanno vissuto con la natura per centinaia di milioni di anni e hanno tracciato diverse storie. Ricordando queste pietre, ascoltandole e parlando con loro, cerchiamo spazio nel cuore.

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Gli amici di febbraio 2019.
Da sinistra Lorenzo Sonzini, Daniela Schifano, Yvonne Graubek, Paul Gilbert, Cosimo Loparco, Elena Sonzini, Laura Monni

E qui mi fermo… per ora.

Siamo, spero insieme, arrivati alla conclusione di questo lungo racconto, che riguarda me, il fiume Tama, i suiseki, un mangaka giapponese ed il suo alter-ego di fantasia.

Questo articolo, pubblicato in due parti sulla rivista U.B.I. riservata ai Soci, si ferma a febbraio 2019, ma in realtà il fiume ha continuato a scorrere, le pietre a rotolare ed io ci sono tornata anche nel febbraio del 2020.

Nell’ottobre 2019 il tifone Hagibis ha causato la rottura degli argini del Tama a Tokyo, anche se non ci sono state le pesanti distruzioni del 1974: io guardavo le immagini in TV, mi messaggiavo con Eri, riconoscendo i ponti e il paesaggio urbano del quartiere di Tsuge.

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E a febbraio 2020 mi sono resa conto in prima persona della portata della piena, che ha distrutto quegli orticelli che si snodavano lungo il fiume, spezzato alberi, portato banchi di sabbia dove c’era vita.

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Ma tutto passa, come il fiume. Ho trovato altre pietre interessanti, i miei amici qualcuna superlativa, ma so già, con costernazione, che il prossimo febbraio non potrò rinnovare l’esperienza.
L’epidemia di Covid ci ferma, ci blocca, ci separa, il Giappone è, nei fatti, irraggiungibile.

2 Comments

  1. LORENZO SONZINI

    Che emozione, Daniela, aver riacceso nella memoria il ricordo di quel giorno.E’ stata una piacevole esperienza, per appassionati di suiseki, ritrovarsi nel letto del Tama a cercare pietre! Grazie

    Reply
    • Daniela Schifano

      Ciao Lorenzo, fu una bellissima giornata, difficile poter raccontare del tutto l’esperienza vissuta, profumata dal sole, dal ristorante, dalla sensazione di essere dei bambini in gita. Felice di aver risvegliato tutto questo in un periodo in cui siamo chiamati all’isolamento ed alla solitudine.

      Reply

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