Il concetto di mitate è intrinseco nella cultura giapponese, divenendo un modo di pensare che è ancora oggi pietra di fondamento di alcune correnti artistiche e stilistiche, non di meno elemento fondamentale per la conoscenza e la comprensione del giardino kare-sansui (枯山水) – il Paesaggio secco – in cui gli elementi nello spazio non si limitano ad una funzione rappresentativa del paesaggio naturale, vanno oltre, stimolano un trascendimento del dato sensibile per cogliere l’idea stessa della natura e del cosmo. (Komiyama, 1987).
– Ciò che vediamo dipende da noi stessi –
La parola mitate (見立て), che letteralmente significa “ vedere come” prende il significato di “metafora” (Filippucci, 2006). Si tratta di un principio in cui una certa realtà fisica è riprodotta in miniatura o in grande scala, come il bonsai mostra in modo chiaro, o il far riferimento a una montagna con una piccola pietra o l’evocare una foresta con una semplice macchia di muschio, o come dirà Plinio il Vecchio in una lettera al fratello, il sentire sgorgare una sorgente attraverso i rami di una capelvenere.
Tutto è reso possibile dalla libertà che concediamo all’immaginazione e alla mente quando siamo in giardino.
In origine la parola mitate significava guardare con i propri occhi per fare una scelta, ovvero descrivere con un paragone qualcosa usandone un’altra del tutto differente.
“ Senza che si levi il più piccolo granello di polvere,
( Musō Soseki Kokushi, 1275-1351)
svettano le montagne.
Senza che una goccia cada,
i ruscelli si riversano a valle ”.
Prendo in prestito questa bellissima poesia scritta in cinese, dal titolo “Poesia sul giardino secco” del Maestro zen e costruttore di giardini Musō Soseki Kokushi, conosciuto come il creatore dei giardini del Saihō-ji (西芳寺) e del Tenryu-ji, in cui il concetto di giardino trova espressione nella sua vera essenza, che si cela dietro alla reale rappresentazione: il flusso impetuoso del torrente che prende vita da una cascata, scende con fragore attraverso imponenti montagne percorrendo valli incassate in un paesaggio roccioso interrotto qua e là da alberi battuti dal vento. Continua la sua corsa il torrente, generando rapide che oltrepassano una diga, poi all’improvviso cambia scenario: il torrente è diventato un fiume, il corso si fa più lento allargandosi in una vasta pianura in cui si innalzano delle colline; una barca, senza fretta, segue la corrente d’acqua che scorre lentamente. E, finita la sua corsa, il grande fiume va ad immettersi in un oceano senza fine.
E’ il giardino del Daisenin dove caratteristica saliente è l’abbondanza di pietre, se ne contano circa un centinaio in un’area di circa settanta metri quadrati. Ed il suo carattere pittorico è accentuato da pietre figurative che rappresentano il ponte e la barca.
Il mitate dunque significa anche saper cogliere l’illuminazione che si cela dietro alla semplicità delle cose così come appaiono, e che non sarebbe possibile esprimere altrimenti.
E’ una scelta, e noi la compiamo con i nostri occhi per svelare la vera realtà, e accende in noi la fantasia di poter immaginare il vero significato di ciò che effettivamente abbiamo davanti a noi.
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