Suikinkutsu: la Risonanza del vuoto

by | Apr 1, 2021 | Il (Bu)giardino | 2 comments

Suikinkutsu: la Risonanza del vuoto

Eco cosmico che suscita e scorre

Interludio a quattro mani con Fabio Pasquarella


Plonk, plonk, plonk…

un ritmo sordo e liquido invita a prendere familiarità con l’acqua e la pietra. Ci troviamo sotto una tettoia, nei pressi di uno tsukubai, circondati da un boschetto florido e ombroso. Gli tsukubai sono lavabi in pietra che si trovano generalmente adiacenti a templi buddhisti e case del tè. Il nome deriva dal verbo accovacciarsi ed è quello che dobbiamo fare per apprestarci alla purificazione. Accovacciarsi significa rendersi umili, ma anche tornare a se stessi, verso uno stato primigenio.

Lo tsukubai discende dallo chōzubachi dei più antichi santuari Shinto: la funzione è la medesima.

Sembra che originariamente questi riti fossero eseguiti nei luoghi ove sgorgavano sorgenti naturali, o in riva al mare, prevedendo il risciacquo di mani, bocca, e talvolta tutto il corpo. Il lavaggio con acqua è gesto comune in moltissime culture, rappresentando la purificazione di corpo e mente prima di partecipare a una funzione o approcciarsi a un luogo sacro.

Ci aiutiamo con un mestolo di bambù, hishaku, con il quale versiamo l’acqua prima sulla mano sinistra, poi sulla destra, poi in bocca, attenti a non toccare con le labbra lo strumento.

Lo tsukubai presenta un incavo centrale quadrato che raccoglie l’acqua, ai cui lati sono incisi quattro ideogrammi. La cavità riproduce l’ideogramma di bocca 口, radicale a sua volta di ciascuno dei quattro ideogrammi. La frase che si viene a formare nel gioco sintattico può esprimersi con: “io, così come sono, conosco l’essere colmo“.

E proprio così come si è, siamo invitati a colmarci dello scorrere inconsistente e transitorio delle cose. L’acqua ci ricorda l’assenza di natura propria, ma anche il principio vitale che permea il tutto. Continuamente riceviamo, continuamente lasciamo andare. Nel fluire della vita tutto si specchia: noi, il boschetto, lo tsukubai stesso con le nostre impurità finalmente mondate. Ma dove porta tutto questo?

Il suikinkutsu ( 水琴窟 ) è lo spazio vuoto ipogeo in prossimità dello tsukubai, destinato a convertire la materia in suono.

Portato a maggior notorietà dal maestro del tè Kobori Enshu, nella sua semplice essenza è un vaso interrato capovolto, nel quale risuona l’acqua di deflusso, il ventre cosmico attraverso cui l’universo celato può essere solo ascoltato.

L’elemento liquido prende corpo nella terra e poi si dirige nelle risonanze dell’altrove. Nulla è mai fisso.

Chiudiamo un momento gli occhi e poniamo attenzione. Rivolti al muro dello zazen, udire diventa uno sguardo in profondità, dove il tutto parla da sè.

Nel mondo superno si distinguono ancora le cose, nell’altro si dissolvono: sembra esistano due verità, ma in effetti ce n’è una sola. L’acqua ce lo insegna.

La creazione di questi spazi vuoti e musicali, presuppone una tecnica raffinata, e fruirne è un traguardo della coscienza. Il giardino ci conduce attraverso lo specchio nelle profondità recondite di noi stessi. Il senso di pace che si respira in questo luogo ci pervade.

Il maestro di tè Enshu, attraverso il suikinkutsu riuscì a sintetizzare i principi fondamentali dell’estetica del giardino giapponese: miegakure 見え隠れ (nascondere e rivelare), wabi-sabi 侘寂 (bellezza colta trascendendo l’impermanenza), shouryaku省略 o yutori ゆとり (agio, nella prospettiva dello spazio), Yojo 余剰 e Yoin 余韻 (il vuoto e la risonanza).

La presenza del suikinkutsu non offre l’unico esempio di esperienza acustica. Nel monastero della scuola buddhista Tendai Mikkyō, Daiji-ji, situato nella prefettura di Tochigi, il suono del vento che soffia tra i pini che crescono sul sito dal XVII secolo, ci ricorda il mare che circonda le isole raffigurate nel famoso giardino. Una sorta di giardino acustico per un’esperienza immersiva ante litteram.

Sostiamo qualche altro istante, quindi ci incamminiamo sulla via del ritorno. La melodia accompagna il nostro percorso verso l’uscita.

Plonk, plonk, plonk.


Paco Donato

Appassionato di bonsai, suiseki, fotografia e giardini giapponesi

2 Comments

  1. stefania cavallucci

    L’articolo Suikinkutsun è estremamente interessante, contiene nozioni di costume, filologia, filosofia e armonia. La fotografia effonde pace e freschezza.
    Lalettura di questo articolo fa desiderare di leggere altro e di conoscere la persona che ha detto “Ogni giardino è un inganno”.

    Reply
    • Pasqualino Donato

      Gentilissima Stefania, commosso e grato per le sue splendide parole.
      Come scritto nell’articolo:” chiudere un momento gli occhi e porre attenzione, e il giardino ci conduce attraverso lo specchio nelle profondità recondite di noi stessi.
      Sicuramente ci sarà occasione per conoscersi.

      Un caro saluto,

      Paco Donato

      Reply

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