“Ci viene chiesto d’immaginare ciò che non vediamo; ciò che è implicito è comunque attivo, e ciò che è assente diventa presente proprio in virtù dell’assenza. La nostra ricompensa sta nell’immaginare e scoprire ciò che non è rilevato, perché questo è il fine ultimo delle cose nascoste”. ( Sophie Walker)
Viviamo d’immagini, e la Natura si manifesta proiettando l’immagine di se stessa, il Paesaggio. Spesso offeso, in una rappresentazione distorta ed artificiale in cui cerchiamo regole, forme, canoni, alla ricerca di un’armonia impossibile, mentre l’essenziale accade sul piano puramente ideale del verosimile.
Dato che il recupero dell’identità della Natura è concepito dallo sguardo del soggetto osservante, esso si avvera tramite una visione in cui la Natura diviene immagine, che si riconosce non nella frammentazione bensì nell’insieme, ovvero l’unità del tutto di un flusso illimitato e vago che è la Natura stessa. Così il soggetto la recupera attraverso la visione estetica appropriandosene tramite rappresentazioni.
Questa è Akikaze, vento d’autunno :
E’ una pietra proveniente dal Giappone che evoca l’immagine di scogliere dove attraverso fenomeni di mineralizzazione presenti acquista peculiarità che richiamano il rifrangersi delle onde.
E quando la durezza della pietra cede alla plasticità della forma tutto diventa possibile e lo scenario dapprima immobile si trasforma in pulsione vitale, che offre allo spettatore quel senso di appartenenza e simbiosi con la composizione stessa.
D’altronde è fondamentale sottolineare il rapporto tra l’oggetto della contemplazione (nel nostro caso la composizione) e noi stessi, dando vita ad una dimensione intermedia in cui esperienza sensoriale ed emotiva si fondano per lasciarci trasportare in una meravigliosa storia che racconta le vicende e le gesta narrate attraverso un poema epico “Heike monogatari”.
E’ il racconto del clan degli Heike, del loro successo e poi della loro disfatta e del loro declino fino alla disastrosa sconfitta nella battaglia navale nella baia di Dan -no-ura contro il clan dei Genji.
Secondo la leggenda, gli spettri dei guerrieri Heike annegati ora dimorano sul fondo marino dentro il corpo dei granchi Heikea japonica, i quali presentano sul carapace un disegno che ricorda esattamente la ghigna di un guerriero samurai. Oggi questo granchio, specie endemica delle acque giapponesi, viene anche chiamato granchio samurai.
Il kakejiku è dell’autore Tosa Mitsusuke – M.te Fuji.
La calligrafia che si nota nel particolare in alto a destra è stata tradotta dal Prof. Aldo Tollini.
All’alba, alla settima stazione [della strada del Tokaidō] guarda l’alta cima!
Dopo averla superata, si trova il fiume Fuji che non eguaglia [la sua bellezza].
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