“Quando una pietra diventa poesia”
di Antonio Sacco
In questo scritto mi piacerebbe prendere in considerazione le relazioni che sussistono fra le pietre artistiche di fiume (suiseki) o, più in generale, le pietre contemplative e gli scritti poetici a esse associate. Cercherò di spiegare il perché di questo accostamento e giustapposizione all’apparenza così lontana e inusuale fra queste differenti arti: per quale motivo, quindi, è pratica sempre più diffusa associare, durante un’esposizione o un concorso di suiseki, una poesia oppure una frase poetica a una pietra? E che cosa accomuna queste arti nate entrambe nella delicata e sensibile cultura nipponica, ma che di primo acchito hanno come oggetto temi così diversi?
Anzitutto diciamo che scopo di una poesia (sia essa di una sola frase o una poesia haiku o di altro genere) inserita in un tale contesto dovrebbe avere un effetto facilitatore per una comprensione più vasta e profonda del suiseki stesso. Uno fra i possibili effetti potrebbe esser quello di trasportare il fruitore delle opere d’arte così ottenute (suiseki e poesia) in una dimensione contemplativa più pregnante, più densa di significato e maggiormente intrisa dei canoni estetici tipici non solo del suiseki o della letteratura, ma comuni a tutte le arti giapponesi. Tali arti giapponesi, ricordiamolo, hanno tutte il minimo comune denominatore della suggestionabilità come segreto a monte di queste espressioni artistiche.
Che siano pochi colpi di pennello (come avviene nella pittura sumi-e), oppure soltanto diciassette “on” (nel caso degli haiku), o linee e curve appena accennate nei suiseki: tutte queste manifestazioni artistiche suggeriscono piuttosto che mostrare esplicitamente.
Bisogna precisare e porre enfasi sul fatto che è comunque di estrema importanza il “come” si giustappone una poesia o una frase poetica a un suiseki: a tal proposito penso che le relazioni che sussistono fra poesia e suiseki siano molto simili e in parte equivalenti a quello che avviene nello haiga. Per haiga (i. e. “dipinto haikai”) si intende una particolare forma artistica dove una poesia haiku viene affiancata o, meglio, integrata da un disegno oppure da altra forma visiva. Così, nel caso di suiseki e poesia, anch’essi condividono lo stesso spazio, lo stesso contesto espositivo, completandosi a vicenda senza, però, sovrapporsi di significato: questo, a mio avviso, è un punto di grande importanza.
Così come una buona poesia d’origine giapponese (haiku, tanka, katauta et similia) tratteggia una scena attraverso pochissime parole, rinnegando l’uso di un registro linguistico elaborato e artificioso, così un buon suiseki riproduce il senso di un intero paesaggio stando, il più delle volte, in un solo palmo di mano. Sottolineo una caratteristica di grande importanza: la poesia o frase poetica integra il suiseki e viceversa, cosa che, del resto, avviene anche in uno haiga ovvero tra il dipinto e la poesia haiku. Si viene così a creare un unicum artistico in cui le due parti in causa non devono presentare un’estrema similarità contenutistica: di qui la consuetudine di non nominare mai esplicitamente, nel componimento poetico, ciò che il suiseki rappresenta.
Fin qui abbiamo visto come esistano strette relazioni fra lo haiga e suiseki integrati da componimenti o brevi frasi poetiche: al fine di dare un esempio pratico cito l’affiancamento suiseki/frase poetica di Paco Donato.
La frase poetica che è giustapposta al suiseki, in questo specifico caso, è: «Attesa – lento fluire del tempo». Queste frasi poetiche, inoltre, hanno molto in comune con i così detti monostici, ossia poesie vere e proprie costituite da un unico e solo verso: per dovizia di particolari un vero e proprio monostico è costituito anche da un titolo, il quale è parte integrante del monostico stesso al fine di capire meglio il testo e il contesto nel quale il monostico è inserito. In ogni caso sia le frasi poetiche affiancate ai suiseki sia i monostici rappresentano un frammento molto suggestivo che conserva la propria identità.
Un esempio esplicativo di monostico è il seguente di Donatella Bisutti in “La poesia salva la vita” (Feltrinelli, 2016):
NEL CIELO
La luna si fa punto interrogativo.
Resta il fatto che nella contemplazione di suiseki accompagnati da componimenti poetici, credo che il potere evocativo tanto del suiseki quanto della frase poetica a esso collegato dipenda in gran parte dalla volontà e dalla disponibilità del fruitore dell’opera artistica ad ammettere l’esistenza di una profonda bellezza nella pietra che gli sta innanzi: si tratta, dunque, di una questione di sensibilità personale e artistica. Entrambi, suiseki e poesie, abbozzano solo un’idea: dicono così poco, ma significano così tanto!
Ambedue esprimono molto per mezzo del poco (“all you need is less” o “less is more”), esacerbando e stimolando la fantasia e la suggestione: tanto per i suiseki quanto per i componimenti poetici il punto focale è sempre legato alla sensibilità e “sottigliezza” contemplativa (hosomi).
Mi vengono in mente le parole di Ogiwara Seisensui, il quale, a proposito di poesie haiku, ebbe a dire:
“Ciascun haiku è come un cerchio, di cui una metà è frutto del lavoro dello haijin, chiudere il cerchio è, però, compito del lettore”.
In altre parole, voglio intendere che si tratta di fornire, in questi scritti poetici connessi ai suiseki, uno stimolo opaco e indefinito, il quale possa suggestionare e, infine, esplodere nella realizzazione lirica dentro la mente del lettore/osservatore.
Dunque, si parla di un “ripoetare”, “reinterpretare” in base al proprio vissuto, alla propria sensibilità e ai propri moti d’animo ciò che nell’oggetto artistico è accennato o si intravede soltanto. Che gli scritti poetici, sempre se ben congeniati e strutturati s’intende, accompagnino i suiseki non può far altro che facilitare, come abbiamo avuto modo di vedere, e catalizzare l’atteggiamento contemplativo di chi osserva con attenzione un dato suiseki, trasportandolo in una dimensione “altra”, permeata da un senso di profondo e ineffabile mistero (yūgen).
Non solo, le due arti prese qui in esame presentano, grazie alla condivisione di molti valori estetici tipici dell’arte giapponese, molte affinità e, tali canoni estetici, non possono far altro che da faro per stabilire la qualità e la bontà di uno scritto poetico o di un suiseki.
In conclusione, possiamo affermare che quando a una pietra artistica viene associata una breve ma pregnante poesia, questa non può che accelerare e moltiplicare la potenza evocativa del suiseki stesso: a quel punto la pietra è diventata poesia e la poesia pietra.
Antonio Sacco
Credits.
Shakkei Group ringrazia Antonio Sacco, poeta e haijin, che ha messo su carta le sue riflessioni sul legame tra i suiseki e la poesia. Da poeta sensibile sembra saper leggere tra le pieghe delle pietre con rara sensibilità e coglierne l’indefinibile fascino.
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